Nel momento in cui vi scriviamo, lo stato delle cose è questo: Cecilia Sala, giornalista di Chora Media e Il Foglio, che da anni si occupa di reportage da zone di guerra, è stata arrestata in Iran per violazione delle leggi islamiche ed è detenuta in cella, in condizioni severe da quasi due settimane.
È inutile che sia io a spiegare nel dettaglio come stanno le cose. Posso aggiungere solo che non è certo la prima volta che Cecilia va in Iran a raccontare il Paese e cittadini: spesso lodando lo slancio libertario di questi ultimi, senza risparmiare critiche (come deve fare un giornalista) alle istituzioni politiche. Cecilia è stata arrestata nella sua camera d’albergo, dove sarebbe rimasta qualche giorno per realizzare i suoi servizi giornalistici ed è stata portata in carcere nonostante il regolare visto giornalistico concesso dalle autorità iraniane prima della partenza. Ultimo particolare: l’accusa rivolta a Cecilia, quella di aver violato le leggi islamiche, è talmente fioca e inconsistente da confermare l’idea che circola sin dall’inizio di questa vicenda: sarebbe stata arrestata come ‘risposta’ iraniana all’arresto di Mohammad Abedini Najafabadi, cittadino iraniano arrestato il 16 dicembre scorso su ordine della giustizia americana presso l’aeroporto milanese di Malpensa, accusato di aver aggirato gli embarghi e avere fornito materiale ai Pasdaran.
Punto. Questa è la situazione. Naturalmente quando la notizia è stata resa nota, oltre che a diffondersi una sana preoccupazione sono accadute due cose: una meravigliosa e una deprimente. Quella meravigliosa è che la Farnesina, nel rendere noto l’intervento diplomatico Italiano, in accordo con la famiglia di Cecilia ha richiesto massima discrezione alla stampa “per agevolare una veloce e positiva risoluzione della vicenda”. So che dirò qualcosa di impensabile ma checché se ne dica del livello del giornalismo italiano, sulla pessima categoria dei giornalai, andatevi a leggere quello che hanno scritto i giornali, detto le radio e le televisioni: i giornalisti ce l’hanno fatta. È davvero difficile trovare un servizio di questi giorni che non tratti con adeguata cura e rispetto la vicenda Sala. E questa è la notizia meravigliosa. Poi c’è la nota dolente. Sapete chi in questi giorni è riuscito a riempire il pubblico letamaio di pubbliche dichiarazioni stupide e insensate? Non i giornalisti (incredibile), non i politici (ancora più incredibile), ma il popolo. Sia chiaro, non tutto ma c’è una piccola – ma egualmente preoccupante – frangia di persone che ha pensato bene raccontarci sui social la propria inattesa opinione. E allora via di “ma cosa è andata a fare in Iran”, “se l’hanno arrestata qualcosa ha fatto”, “ricordatevi quando Cecilia confondeva la grafica di un videogioco con una mappa dell’Azovstal”, “il prossimo anno verrà eletta in Parlamento Europeo come la Salis”. I giudici del popolo. I tremendi, paurosi e influenti giudici del popolo. Che non conoscono ma parlano. In un tempo in cui siamo tutti chiamati a sperare bene per una ragazza di 30 anni che è detenuta in modo barbaro in una cella, al freddo, privata anche dei suoi occhiali, semplicemente perché stava facendo il suo lavoro, i giudici del popolo se ne fregano e parlano. Loro sì che vedono le cose stanno, loro sì che ci capiscono di geopolitica, loro sì che sanno di diritti e umanità. Bene, a tutti loro ma anche a tutti noi, voglio fare un augurio per questo 2025 appena entrato. Spero che mentre saremo seduti sul nostro divano, ci capiti di ascoltare uno degli episodi del podcast Stories, che – sono certo – Cecilia riprenderà a produrre non appena rimessa in libertà, un piccolo baluardo del prezioso giornalismo in via d’estinzione che sceglie di raccontare e testimoniare quanto accade nel mondo, andando nei luoghi in cui il confine tra vita e morte è fragilissimo. A tutti auguro anche di avere vite piene e occupate, giornate soddisfacenti che ci fanno andare a letto felici anche senza sentirsi in dover di regalare al mondo il nostro punto di vista da bar di paese, così tanto prezioso per la crescita della società contemporanea. Pensate che bello se nel 2025 capissimo che è meraviglioso sentirsi cretini quando ascoltiamo parlare qualcuno di eccelso. Non il contrario.
Martino Tosti