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Odiatori di tutto il mondo, unitevi 

today28 Marzo, 2025 1 4

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Negli ultimi giorni si sta molto parlando di un caso di cronaca ‘social’. C’è una cantante, giovanissima, che si chiama Angelina Mango che non ha certo bisogno di grandi presentazioni. Vincitrice della penultima edizione del Festival di Sanremo, grazie alla canzone ‘La Noia’, con la quale è poi andata all’Eurovision a rappresentare l’Italia. Classe 2001, 24 anni da compiere proprio in questi giorni. Poco più che ventenne, cresciuta con la musica in casa (si sa, figlia del cantante Mango), si presenta al  grande  pubblico, partecipa ad Amici – lo show di Maria De Filippi – e vince le categorie canto e critica. Il pullman della sua vita però va veloce e poco dopo partecipa al Festival di Sanremo, per la sua prima volta, dove in gara ci sono artisti che da 25 anni provano ripetutamente ad ottenere il premio senza riuscirci, e invece per le è facile: primo posto, vittoria e via al livello successivo. Eurovision, tour musicali, concerti sold out, fan che sbordano fuori da ogni dove.

Frase fatta: “il successo non è facile da gestire, sopratutto quando sei giovane” e con questo Angelina deve fare i conti. Si ritira per un po’ dalla scena, scompare dai radar annunciando ai suoi followers sui social che ha bisogno di prendersi del tempo per sé. Per alcuni mesi non la si vede più, annulla le date che aveva a calendario, non partecipa ai programmi televisi. Insomma, scompare. Cosa non facile da fare in questi tempi. C’è chi parla di depressione, chi di anoressia e via con la sagra delle previsioni qualunquiste. Poi – e qui accelero con il racconto – ricompare cautamente, qualche fotografo indiscreto la avvista in pubblico e poi lei si fa vedere. Pubblica un video su Instagram, nel quale canta una canzone con la madre. Come reagisce il mondo social? Commentando. “Mi manchi”, “Torna presto”, “Come stai”. Ok, dico, ci siamo. E invece no. “Ma a me non sembra proprio che stia bene”, “Ah la droga”, “Un po’ schizzata”, “Non sentivo la mancanza de sta nana narcisista senza alcun talento”, e poi l’apice “Peccato non sia morta”.

Salto, voltiamo pagina, nessuno qui vuole difendere o attaccare. Caso isolato? No. E questo e mi colpisce. In questi giorni mi soffermo un po’ di più a leggere i commenti sotto vari post, di testate giornalistiche, artisti, politici o creators. Le verità mi sembrano due.

Primo: abbiamo pessime capacità di comprensione. Non campiamo mai di cosa si parla, chi sta parlando e cosa sta dicendo.

Due: non abbiamo limiti ai commenti. Non comprendiamo che ciò che non diciamo per strada, in faccia ad una persona reale, si può dire su Instagram.

Io mi chiedo perché. Mi stupisce peraltro che nella maggior parte dei casi a non comprendere che il dialogo sui social dovrebbe essere identico – cioè conforme alle stesse regole di convivenza civile – a quello reale, non sono i ‘giovani’, il male e il peggio del nostro mondo. No, non sono loro, sono gli adulti. Incredibile. Gli adulti sono analfabeti digitali. Mica tutti, certo, così come non tutti i giovani sono santi o stronzi. Ma i social potrebbero essere qualcosa di incredibilmente migliori, delle community digitali. Una community – per la quale un’azienda di qualsiasi settore produttivo farebbe carte false per averne una attiva sui social – dove si può parlare, non odiare. Sì, lo so che tutto questo pippone già lo aveva fatto Umberto Eco dicendo che con i social si da parola a legioni di imbecilli, eppure io mi stupisco ugualmente. Perché all’aumentare di una professionalizzazione del mondo della comunicazione social, non corrisponde una ‘crescita’ del popolo social (Non numerica eh, attenzione!). Mi spiego meglio. Oggi tante aziende puntano ad essere ‘media company’, orientate alla comunicazione: il biglietto da visita è il profilo social, ai team meeting interni ci si domanda ‘come comunichiamo?’, c’è sempre qualche HR manager aziendale alla ricerca di social media manager, social media strategist, social community manager. Ma tutto questo per cosa? È come se ci impegnassimo tutti moltissimo nel cucinare un piatto di spaghetti gourmet. Spaghetto trafilato in oro, cotto alla perfezione e mantecato con un burro di crostacei affumicato, avvolto da una leggera spuma di mare al plancton e limone fermentato. Vogliamo servire la nostra creazione ai migliori critici enogastronomici così che se ne parli, così che dal nostro piatto e dalle loro analisi ci sia un dialogo, un dibattito, insomma una crescita. Quindi prendiamo il piatto, apriamo la nostra porta di casa e versiamo tutto per terra nel mezzo di un recinto merdoso e infangato, pieno zeppo di maiali.

Eccole le nostre community social spiegate facile. Ora via al dibattito, o meglio, spazio agli odiatori di tutto il mondo.

Martino Tosti

 

Scritto da: Radio Glox


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