E’ successo tutto in una manciata di settimane e, forse, un po’ tutti presi dalle ‘chiacchiere’ o perché, effettivamente, il film proiettato sullo schermo è andato troppo veloce, non ci siamo accorti di un fatto che determinerà, in bene o in male lo vedremo, l’azione politica e amministrativa di una regione di poco più di novecentomila abitanti chiamata Umbria.La piccola e amata Umbria, dal cuore forse sempre meno verde, con tanti problemi in più da risolvere, ma con quella tigna silente e laboriosa che a volte la danna, a volte la salva. E allora, cosa è successo? In questo fazzoletto di terra che non era più politicamente rosso antico ma, di sicuro, di un color rosè, tinteggiato da un robusto giro di tango con il centrodestra a menare le danze, nel comune capoluogo, in Regione e in gran parte delle amministrazioni, è rispuntato quello che un tempo era chiamato il ‘Partitone’.
Con due donzelle molto diverse tra loro per storia e cultura, come Vittoria Ferdinandi a Perugia e Stefania Proietti a Palazzo Donini, il centrosinistra a trazione Partito democratico è tornato in quella che una volta si chiamava la stanza dei bottoni e oggi, in maniera più sbrigativa e leggera, la stanza del potere. Regolare e benedetta alternanza, giustificato cambio di stagione, errori marchiani degli avversari oppure ritorno a un tradizionalismo fatto anche di un residente reticolo di interessi e poteri?
Lo vedremo e, comunque, lasciamo ad altri la spiegazione del diritto e del rovescio. Noi, ancorati strenuamente alla cronaca, che quasi sempre è maestra, ci limitiamo a sottolineare i fatti: un partito al 30% dei consensi, quale oggi è il Pd,non lo si vedeva da anni e da altrettanti anni non si affacciava più sulla scena politica una classe dirigente totalmente nuova rispetto al recente passato. Al netto delle eccezioni, basta dare un’occhiata veloce alla carta d’identità o al curriculum degli attori di oggi per rendersi conto della lontananza di queste prime file democratiche da quella che campeggia ‘nell’album di famiglia’.
Per carità, l’albero genealogico dei padri o madri putativi c’è sempre, ma quelli che oggi sono i protagonisti hanno vissuto e visto da lontano quello che era il partito, che potremmo schematicamente definire “dei tandem”: Rita Lorenzetti- Alberto Stramaccioni prima e Catiuscia Marini-Gianpiero Bocci in una seconda fase. Una specie di album di famiglia, appunto, in cui sono contenuti una ventina d’anni di potere politico amministrativo che poi si è chiuso bruscamente, con alcuni aspetti di tragedia e farsa mescolati tra loro e con l’inchiesta sui concorsi in sanità, che hanno aperto le porte all’arrivo del centrodestra nella cabina di comando.
In politica, come nella vita, le sconfitte e le vittorie vanno chiamate con il loro nome, in modo da trarne giovamento o, semplicemente, per invertire la rotta: c’è da ricordarsi delle rose, ma anche delle spine. E oggi, secondo me, di quella stagione così lontana e diversa, l’attuale Pd e la sinistra umbra, in generale, possono fare tesoro di almeno un paio di lezioni: la prima riguarda la conflittualità esasperata che, da un certo punto in poi, ha caratterizzato i gruppi dirigenti del Pd e che ha dato agli umbri l’idea di essere di fronte a una guerra tra bande, più attenta a piazzare la propria bandierina in questa o quella casella del potere, che impegnata a risolvere i problemi. Una conflittualità che ha avvelenato il confronto tra posizioni diverse fino ad arrivare al gioco di specchi di un partito che giocava da maggioranza e da opposizione allo stesso tempo, ma tenendo fuori tutto quello che non era nelle sue coordinate: e intanto fuori era rimasta gran parte della società umbra.
Il secondo dato, invece, riguarda quello relativo al rapporto con la società umbra, che si trova in una stagione in cui il rischio di isolamento rispetto al resto d’Italia è uno spettro concreto dal punto di vista economico ma anche sociale ( sempre più giovani guardano altrove per cercare di realizzare le proprie scelte di vita e professionali). Da questo punto di vista, il Pd, così come i sindacati, ha bisogno di trovare un modo diverso di stare dentro la società umbra, ponendo di più l’accento sui meriti e i bisogni piuttosto che sulla stretta appartenenza, guardando più fuori che al proprio interno, cercando di creare chance economiche invece che distribuire prebende destinate a mostrare, prima o poi, il fiato corto. Oggi il Pd, installato nuovamente nella cosiddetta stanza del potere, dovrebbe sfogliare il suo album di famiglia con attenzione per capire ciò che non dovrebbe più fare. Per il bene suo e, soprattutto, degli umbri.
Pierpaolo Burattini